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Sei in: Home / Home / LA LIBERTA’ NELLO SPIRITO DELLA CAVALLERIA TRA ORIENTE ED OCCIDENTE...

di Francesco Cresti

“ ….le qualità solari, virili del combattente, devono servire per un preciso compito. Se questo manca, si diventa degli squalificati come un uomo qualunque che dopo una lunga e faticosa lotta per diventare un capo del popolo non facesse niente a beneficio del suo popolo. “

 Tommaso Palamidessi

18°Quaderno di Archeosofia – Esperienza Misterica del Santo Graal

L’ETICA DEI SAMURAI IN GIAPPONE.  Nello stesso periodo in cui in Europa nasceva e si diffondeva l’ordine templare, in Giappone stava ascendendo la classe dei Samurai. Questi guerrieri prestavano un giuramento di fedeltà al proprio signore (daymio), che di norma era un possidente terriero a sua volta subordinato allo Shogun, cioè al comandante dell’esercito che governava su tutta l’isola. Essi furono determinanti nella stabilizzazione dell’ordine sociale ed economico giapponese in quanto sia per etica di vita che per preparazione garantivano la sicurezza dei luoghi. Nell’epoca dei Samurai avvenne l’organizzazione in prefetture del Giappone. Sebbene in occidente il termine Samurai (che deriva da saburau = servire) sia il più diffuso, in realtà la denominazione più corretta sarebbe bushi, cioè guerriero. Il Samurai seguiva un codice di condotta militare: il Bushido, parola composta dai due Kanji (ideogrammi) Bushi 武士  (guerriero) e Do道 (via, morale, condotta).

Il bushido, cioè il modo di vivere da guerriero, improntato su principi di onore, rispetto, fedeltà, autocontrollo, imperturbabilità, costituì il motivo di successo dell’elite dei Samurai. All’inizio le regole non scritte erano tramandate con l’esempio e per via orale, poi alcuni maestri tra i quali Yamamoto Tsunemoto (1659 – 1719), autore dell’Hagakure, e Miyamoto Musashi (1584 – 1645) autore de “Il libro dei cinque anelli”, ne codificarono alcuni aspetti che ci hanno permesso di comprendere l’essenza del codice dei Samurai. Chi seguiva il bushido non era soltanto un guerriero dedito unicamente alla pratica delle armi, ma era anche un uomo di spiritualità e cultura.

I Samurai dedicavano infatti parte del loro tempo alla meditazione zen, al tiro con l’arco ed all’arte della calligrafia.

Le tecniche zen risultavano di fondamentale importanza per allenare la mente ad abbandonare il ragionamento razionale e scoprire la vera essenza di se stessi. Ciò determinava, in colui che otteneva un’esperienza di ordine spirituale, il venir meno della paura della battaglia e della morte. L’obiettivo era quello dell’imperturbabilità da ogni moto esteriore. Prima di scendere in battaglia i Samurai si raccoglievano in meditazione fino a raggiungere il vuoto mentale. Secondo la disciplina zen, infatti, il ragionamento razionale avrebbe privato il combattente della forza necessaria per arrivare alla meta, condizionandolo negativamente. Per questo i templi buddisti cominciarono a ospitare i guerrieri che intendevano imparare le discipline mentali dei monaci.

Ognuno poteva sviluppare le proprie potenzialità nascoste praticando le tecniche della concentrazione: Muovere cielo e terra senza sforzo è una semplice questione di concentrazione (Hagakure I, 144); Tutte le professioni dovrebbero essere esercitate con concentrazione (Hagakure I, 82).

Leggi l’articolo completo: LA LIBERTA’ NELLO SPIRITO DELLA CAVALLERIA TRA ORIENTE E OCCIDENTE (5°Parte)– di Francesco Cresti

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